Christina Noble ha avuto un’infanzia traumatica negli anni 50, nei bassifondi di Dublino. Da adulta, ha sfruttato la sua drammatica esperienza per trasformare le vite dei bambini con scarse opportunità in diverse zone del mondo.

LONDRA- Noi tutti abbiamo dei sogni, ma Christina Noble ha avuto come desiderio di cambiare non solo la sua vita, ma quella di 700,000 bambini. Durante il culmine della guerra in Vietnam, nel 1970, Christina andò a dormire dopo aver guardato in televisione le ultime notizie e sognò di essere anche lei in Vietnam a fare la differenza. Al tempo stava crescendo tre bambini da sola a Birmingham, lavorava come cameriera e affrontava le conseguenze di un matrimonio disastroso. Non era ricca, aveva un’educazione mediocre, non sapeva quasi nulla del Vietnam, di che cosa stava succedendo in quel paese e non aveva le competenze adatte per dare il suo contributo in un paese a mille chilometri di distanza. Quando chiamò un’associazione di volontariato per raccontare il suo sogno e per offrire il suo aiuto, la ascoltarono educatamente e le risposero che le avrebbero fatto sapere. Non sorprese che non si fecero più vivi.
Il personale dell’associazione di volontariato non poteva immaginare che Christina aveva un’importante qualifica per l’aiuto che si era proposta di dare. Aveva vissuto un’infanzia molto difficile e questa brutta esperienza l’aveva portata ad avere una vocazione naturale per aiutare i bambini.  “Non importa se sei della periferia di Dublino o di quella della città di Ho Chi Minh, rimane sempre una periferia”, mi disse quando ci siamo incontrate per parlare del film che racconta della sua vita. “Quello che voglio è tirare fuori i bambini dallo stato di abbandono perché quella non si chiama infanzia, tutti i bambini meritano coccole, amore, attenzioni, cibo caldo e un letto, e tutti i bambini hanno il diritto a non avere paura.”

Tutti bisogni primari che le erano mancati durante la sua infanzia. Nata nel 1944 in una zona di Dublino chiamata The Liberties- al tempo la peggiore periferia in Europa, dice- la maggiore di 8 bambini, due di loro morirono da piccoli. Sua madre morì quando lei aveva dieci anni: pregò Dio che l’avesse risparmiata, se fosse accaduto si sarebbe fatta suora. Invece, non ancora adolescente, si ritrovò a fare la madre per se stessa e per i fratelli, la più piccola aveva solo 3 anni. “Ho cercato di accudirli. Ho cercato di mandarli a scuola. Andavo al supermercato alle quattro di mattina per prendere le arance e i cavoli e poi tornavo a casa e cercavo di cucinare qualcosa.” è stato per lei un compito difficilissimo, reso impossibile dal fatto che suo padre era un alcolizzato. “ Andavo di bar in bar per cercarlo e quando lo trovavo gli dicevo ‘ torna a casa papà’- anche se sapevo che non ci sarebbe stato nulla da mangiare a casa”.
I bambini erano paurosamente magri, avevano la scabbia e la tigna; alla fine qualcuno chiamò le autorità per verificare le condizioni della famiglia, Christina ricorda il giorno in cui Maria Nera andò a prenderli. Insieme con il loro padre, vennero portati in tribunale. “Mi ricordo i due giudici. Ci fissavano e i loro occhi erano freddi come il ghiaccio”, dice Christina. “Ci dicevano che eravamo abbandonati e incontrollabili e la cosa peggiore- che il cattivo esempio ai più piccoli era stato trasmesso proprio da me- cosicchè sarei dovuta andare in un altro istituto. Siamo stati portati tutti via ed eravamo molto impauriti. “Papà, papà, per favore non lasciare che ci portino via. Saremo buoni e andremo a scuola.” Mi ricordo che come risposta ci urlò : “Vostra madre è morta e non posso occuparmi di voi. Sarà meglio per tutti” Ma non sembrò andare meglio.

Christina si sentiva molto infelice nel convento dove l’avevano portata,e riuscì a fuggire; viveva per strada. Venne abusata sessualmente e per un periodo venne mandata in un altro orfanotrofio; quando piangeva perchè sua mamma non c’era più, le suore la picchiavano con una bacchetta. Per qualche strana ragione, e questo fu solo un episodio tra i tanti, dissero ai suoi fratelli che era morta e passarono molti anni prima che si potessero rincontrare.
In tutto questo, c’era solo un briciolo di speranza ed ottimismo a cui aggrapparsi, Christina aveva una bellissima voce e sapeva cantare. Per darmene una dimostrazione ha cantato adesso davanti a me, senza badare che ci troviamo in un locale di Londra che lo staff del film ha riservato per la nostra intervista. Gli altri clienti sono giustamente un po’ sorpresi dalle ballate irlandesi cantate a squarciagola che provengono dal nostro tavolo, ma lei se ne frega.
“Oh si, sono un pezzo di torta alla frutta”, canta allegramente. “Penso che il bene sia quello che concretamente fai nella tua vita.” la sua voce è piena armoniosa e melodiosa.

La voce di Christina e la sua musica furono la sua consolazione in alcuni dei momenti più difficili della sua vita. Quando arrivò nella città di Ho Chi Minh nel 1989, e si mise in contatto con i bambini di strada del posto, una delle prime cose che fece fu quella di cantare per loro, e anche se non capivano il significato delle sue canzoni irlandesi, l’importante era che capissero che erano cantate con amore e speranza.
Nessuna associazione di volontariato aveva accettato la sua offerta di dare una mano, prese semplicemente un volo, prenotò un albergo e iniziò ad interagire con i bambini di strada e a dare loro quello di cui avevano bisogno. Fu il più semplice degli approcci, l’approccio di chi conosce che cosa significa essere un bambino povero. Quando vedeva i bambini sporchi, affamati, soli e tristi, li accoglieva nella sua camera di albergo, dava loro la possibilità di fare un bagno dava loro qualcosa da mangiare e gli comprava vestiti nuovi. Questo non era la modalità di aiuto che implica riunioni o protocolli. Era la modalità di operare di una persona che sa come ci si sente, vuole aiutare gli altri e non si preoccupa delle regole. Alla fine ottenne l’aiuto di una compagnia petrolifera che la sostenne nella costruzione del suo primo centro per bambini di strada, dove potevano usufrure di assistenza medica, di cibo, di un’educazione e di un ambiente sereno e rassicurante. Oggi, le sue opere di bene in Mongolia e in Vietnam, hanno aiutato centinaia di migliaia di bambini a raggiungere uno standard di vita migliore grazie ai suoi sforzi e ai centri che ha continuato a fondare.

La verità su Christina è questa: è impossibile riprendersi totalmente da un’infanzia così terribile e lei non lo ha mai preteso. Quando racconta la storia di come fu separata da suo padre e dai suoi fratelli, le escono le lacrime dagli occhi anche se ha sessanta anni. La sofferenza non l’ha mai abbandonata, ma lei ne è consapevole. Al contrario ha voluto trasformare il dolore in stimolo per diventare sempre più coraggiosa e forte. “La cosa più importante della vita è ricordarci che siamo tutti uguali, siamo tutti essere umani”. dice. ” Non andrò mai a scusarmi per quello che ho imparato nei bassifondi di Dublino e che mi è servito per aiutare un bambino vietnamita. Sicuramente questo è l’uso migliore che avrei pouto farne. Non pensi?”

Fonte: The Guardian