KINSHASA – Cecilia prende il microfono in mano. Le cuffie grandi sulle orecchie. La piccola stanza che funge da stazione radio nel trafficato mercato di Gambela nella periferia di Kinshasa è pieno di ragazzi di strada come Cecilia. L’argomento principale del loro programma radiofonico questa settimana è rappresentato dalla violenza e dagli abusi all’interno delle famiglie adottive – di cui Cecilia ne sa abbastanza. Lei ed i suoi amici hanno fatto il il sound-check, preparato i registratori audio, i microfoni e la trasmissione è iniziata.

“La gente dovrebbe trattare i bambini adottati come i loro”, ha iniziato a dire Cecilia al microfono in maniera professionale. “Quando hanno un bambino in casa che non è biologicamente il loro, non dovrebbero considerarlo uno schiavo domestico.” I suoi giovani compagni di radio annuivano e la incitavano. Con migliaia di persone sintonizzate, la quindicenne Cecilia ha iniziato a raccontare la sua storia.

La vita non è stata facile per Cecilia dal momento in cui nel 2009 è rimasta orfana. La maggior parte dei suoi parenti ed i suoi fratelli maggiori erano in Angola, incapaci di aiutarla e di sostenerla. Ancor prima di essere in grado di elaborare la perdita improvvisa dei suoi genitori in età prematura, Cecilia si ritrovò senza casa e per strada.  Due settimane dopo l’inizio della sua vita per le strade, una donna si avvicinò. “Sei troppo bella per stare in strada”, ha detto a Cecilia. “Vieni a casa con me e ti renderò mia figlia”. Inizia così la vita di Cecilia da “schiava domestica”.

Per sei anni ha sperimentato abusi fisici, verbali e sessuali nella casa in cui è stata adottata. Ricevendo pochissimo cibo rispetto agli altri bambini in casa e dormendo sul pavimento. Un giorno la mamma adottiva l’ha picchiata tanto forte da romperle i denti anteriori. Questo incidente è stata l’ultima goccia per Cecilia. Quel giorno ha deciso di scappare e tornare in strada, nonostante i rischi di questo stile di vita.

Ci sono 25.000 bambini per le strade di Kinshasa come Cecilia e questi numeri, secondo l’UNICEF, sono quasi raddoppiati negli ultimi dieci anni. L’espansione urbana di Kinshasa, insieme agli alti tassi di fertilità nella RDC, hanno permesso che il numero dei bambini di strada nella capitale congolese, popolata da oltre 10 milioni di abitanti, crescesse. In una fragile economia post-conflitto, i bambini che vivono in strada sono vulnerabili al reclutamento come bambini soldato, per il lavoro illegale in miniera, per lo sfruttamento sessuale o la stregoneria. Senza prospettive economiche o opportunità di istruzione, molti bambini elemosinano soldi e cibo, altri sono coinvolti nel lavoro minorile o nel crimine.

Da criminali a lavoratori nella comunità

Joachim Ambambo, 37 anni, ex bambino di strada, non ha paura di ammettere che è stato coinvolto in attività criminali. Ma dopo aver trascorso sei anni nel carcere minorile, ha stravolto la sua vita decidendo di dedicarsi alla comunità dei bambini di strada di Kinshasa. “Ci sono molti bambini di strada a Kinshasa. Molti di loro lavorano e dormono nei pressi del mercato di Gambela”, ha detto Ambambo. “Questi bambini vengono etichettati e sono vittime di pregiudizi. I commercianti o le persone all’interno del mercato non li trattano bene. A volte la polizia li picchia. E se c’è un crimine nella zona, i primi sospetti ricadono su di loro”.

Dopo aver patito sulla propria pelle quello che significa essere un bambino di strada, Ambambo ha capito che uno dei modi più efficaci per fare la differenza in questa comunità sarebbe stato quello di rendere i bambini di strada protagonisti. Era anche consapevole del potere della radio, in quanto tutti nel mercato di Gambela sono sintonizzati sulle stazioni radio locali. Così, in collaborazione con Children’s Radio Foundation, è nato il programma radiofonico Mungongo ya Mwana – che significa la voce di un bambino in lingala [lingua bantu parlata nella Repubblica Democratica del Congo].

Dal mese di marzo 2016, gli abitanti di Kinshasa ogni domenica si sintonizzano su questa stazione radio ed ascoltano le voci dei bambini di strada che vedono passare ogni giorno. Il progetto Mungongo ya Mwana ha formato 17 bambini di strada nel 2015 di età compresa tra 12 e 17 anni. “La radio è incredibilmente a buon mercato e facile da imparare”, ha detto Clemence Petit-Perrot, il direttore del programma di Children’s Radio Foundation. “[I bambini di strada] possono passare dal nulla alla piena produzione in soli cinque giorni. Produrre il proprio programma radiofonico e sentire la propria voce alla radio è qualcosa di molto potente per loro. Inoltre fornisce competenze nuove e preziose” ha detto Petit -Perrot.

Oltre a fornir loro nuove abilità, la radio può creare risultati tangibili per migliorare la vita quotidiana dei bambini di strada a Kinshasa. “La sfera personale è potente”, ha aggiunto Petit-Perrot. “Le opinioni delle persone [sui bambini di strada] che ascoltano questo programma sono cambiate da quando sentono in prima persona le loro storie. [Gli ascoltatori] non li etichettano più solo come ladri o prostitute. I bambini sono diventati attori, sono usciti dall’ombra. Anche l’atteggiamento della polizia intorno al mercato inizia a cambiare.” Attraverso Mungongo ya Mwana, il pubblico può anche cominciare a vedere le complesse realtà che si nascondono dietro alcune delle decisioni prese da questi bambini.

La radio come forma di riabilitazione 

Chloe, una reporter sedicenne del programma Mungongo ya Mwana, è nel giro della prostituzione. Attraverso la piattaforma radiofonica ha spiegato i motivi che l’hanno spinta a prendere questa decisione. Chloe è una tra i pochi bambini di strada che hanno una famiglia, ma è scappata di casa e non tornerà mai più. Sua sorella voleva obbligarla a sposare un uomo più grande di lei di molti anni – ma Chloe non ha accettato. “Preferirei essere per le strade e rischiare di subire abusi sessuali piuttosto che sposare un anziano” ha detto. “Se devo scegliere, preferisco essere una prostituta piuttosto che una giovane moglie.”

Nonostante la diffusione della rete e dell’accesso ad internet, la radio rimane il mezzo di comunicazione maggiormente disponibile a livello globale. Soprattutto in Africa, la radio è la prima scelta di comunicazione [PDF], con oltre l’80 per cento della popolazione che può accedervi. Le radio comunitarie sono decollate in tutta l’Africa e si sono sviluppate del 1.386 per cento tra il 2000 e il 2006. “La radio è a buon mercato, portatile e può funzionare senza elettricità, ciò la rende rende particolarmente importante nei Paesi che non hanno una fornitura di corrente elettrica affidabile”, ha detto Claudia Abreu Lopes, la direttrice del settore ricerca presso Africa’s Voices, un’organizzazione focalizzata sullo sviluppo della comunicazione in Africa. “Anche nelle zone rurali o remote, quasi tutti utilizzano i telefoni cellulari, attraverso i quali possono avere accesso alla radio.” Ancora più importante: la radio significa comunità, dialogo ed uno stimolo al cambiamento sociale, ha spiegato Lopes. “Le radio comunitarie centralizzano le informazioni ed il dialogo.

L’esistenza di queste iniziative dà alle persone uno strumento per parlare. Quando le persone esprimono una qualsiasi insoddisfazione su una radio comunitaria, si può attivare un meccanismo di mobilitazione di massa”. “La formazione e le competenze che la radio dà alle donne e ai gruppi emarginati consente di avere un nuovo status”, ha aggiunto Lopes. Quando i bambini di strada, come Cecilia e Chloe, raccontano le loro storie in radio, credono che la comunità con cui interagiscono ogni giorno inizi a vederle con occhi diversi. Detto questo, una volta che il programma settimanale è finito, Cecilia, Chloe e gli altri tornano per le strade, alla loro realtà quotidiana.

Cecilia è davvero alla moda. Vorrebbe un giorno diventare una stilista e creare il suo proprio marchio. Allo stesso modo, Chloe vuole andare a scuola e non vuole essere una prostituta, se si riescono a trovare delle alternative migliori a quella di essere una moglie non consenziente. Anche se hanno a cuore la possibilità di diventare reporter o giornalisti, le loro prospettive educative ed economiche per il futuro rimangono molto limitate.

“I bambini di strada vivono una realtà già molto dura. La nostra comunità dovrebbe riconoscerlo e trattarci con un particolare gentilezza invece di renderci la vita più difficile, ha concluso Cecilia, mentre finiva la trasmissione settimanale di Mungongo ya Mwana

Non si sa se un giorno avrà una casa o se frequenterà quella scuola di moda. Ma almeno, ha avuto l’occasione di raccontare la sua storia.

Fonte: Aljazeera.com